Monday, February 27, 2017

ANNIVERSARIO

non mangiavamo mai le noci o le mandorle quando ci veniva fame
ad ore strane.
tu sempre volevi qualcosa di dolce.
io...io volevo quello che volevi tu.
tu non hai mai assomigliato al mio amore per te.
ora , forse solo ora
capisco perchè




Thursday, April 23, 2015

giocavamo a cadere uno nelle braccia dell'altro/brincávamos a cair nos braços um do outro

Giocavamo a cadere
uno tra le braccia dell'altra, come facevano
le attrici nei film con marlon
brando, e dopo sospiravamo e ridevamo
senza sapere che abituavamo il cuore al
dolore. volevamo l'amore uno per l'altro
senza esitazioni, come se la calamità
ci servisse e, nel vedere i film, sentivamo che 
il petto era tutto in movimento e non
sapevamo che la vita sarebbe potuta fermarsi 
un giorno. ed io ti ho anche detto che mi facevano male le
braccia e che, anche se ero il ragazzo, la 
stanchezza arrivava e si installava nel mio 
pozzo di paure. tu ridevi e cadevi una ed un'altra
volta nell'intento di credere solo a ciò che 
fosse più immediato, quando i film finivano,
quando capivamo che il mondo era
fatto di distanza e di tanto tempo vuoto, tu
restavi femminile e abbandonata e io
soffrivo ancor di più per questo. eri cosi
distante da me come se fossi  già
partita e io fossi appena un luogo dimenticato
senza significato alcuno nel tuo cammino. tu
dicevi che se fossimo morti insieme
saremmo stati insieme in paradiso e mi
rimproveravi se io ero triste in altro modo,
un modo più perenne, lento, codardo. Io
ti amavo e pensavo che amare fosse 
far affezionare il corpo al pericolo, cadevo io
nelle tue braccia e tu ti facevi
dei baffi sul viso come se fossi 
marlon brando ed io che ti scoprivo come si scoprono 
le fantasie nell'inferno, non
volevo essere baciato da marlon, e 
entravo in una combustione modesta che,
al battere del mio cuore, illuminava il mio 
viso come una lampada rotta

mia madre diceva, valter fai attenzione, non
giocare così ti romperai una gamba, ti 
romperai la testa, ti romperai il 
cuore. ed aveva ragione, è stato tutto vero.
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brincávamos a cair nos 
braços um do outro, como faziam 
as actrizes nos filmes com o marlon 
brando, e depois suspirávamos e ríamos 
sem saber que habituávamos o coração à 
dor. queríamos o amor um pelo outro 
sem hesitações, como se a desgraça nos 
servisse bem e, a ver filmes, achávamos que 
o peito era todo em movimento e não 
sabíamos que a vida podia parar um 
dia. eu ainda te disse que me doíam os 
braços e que, mesmo sendo o rapaz, o 
cansaço chegava e instalava-se no meu 
poço de medo. tu rias e caías uma e outra 
vez à espera de acreditares apenas no que 
fosse mais imediato, quando os filmes acabavam, 
quando percebíamos que o mundo era 
feito de distância e tanto tempo vazio, tu 
ficavas muito feminina e abandonada e eu 
sofria mais ainda com isso. estavas tão 
diferente de mim como se já tivesses 
partido e eu fosse apenas um local esquecido 
sem significado maior no teu caminho. tu 
dizias que se morrêssemos juntos 
entraríamos juntos no paraíso e querias 
culpar-me por ser triste de outro modo, um 
modo mais perene, lento, covarde. Eu 
amava-te e julgava bem que amar era 
afeiçoar o corpo ao perigo. caía eu 
nos teus braços, fazias um 
bigode no teu rosto como se fosses o 
marlon brando. eu, que te descobria como se 
descobrem fantasias no inferno, não 
queria ser beijado pelo marlon brando e 
entrava numa combustão modesta que, às 
batidas do meu coração, iluminava o meu 
rosto como lâmpada falhando 

a minha mãe dizia-me, valter tem cuidado, não 
brinques assim, vais partir uma perna, vais 
partir a cabeça, vais partir o 
coração. e estava certa, foi tudo verdade 

valter hugo mãe

Monday, December 1, 2014


Fogem nuvens, passa o rio,
vão-se as cores do verão,
passa um tudo um calafrio
que me aperta o coração.

Tudo um dia vai-se embora
Tudo existe de passagem.
Mais que nunca sinto agora
que sou parte da viagem.
Outono (Rosa Passos)

Thursday, November 20, 2014



Pick 

Saturday, November 1, 2014

oggi ho pagato uno dei miei debiti con l'universo
il primo
credo si paghi l'ultimo giorno, no?
ni



Friday, October 31, 2014

J
U
I
C
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N
G

I
T

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T
H
I
N
K

I
S

T
H
E

K
E
Y

Thursday, October 30, 2014

per le strade mano nella mano
i tuoi occhi che rinnovavano i miei
in quel paesaggio a me fin troppo familiare

scambiarsi un anello a ponte sisto
promettersi un eterno di poco piu' di un ora
per poterne sentire il bisogno, ancora e ancora






Friday, October 24, 2014

Liberta' / Liberdade



"Quanto più mi sentivo a te legato
La Natura adoravo
Come da una prigione.
(Calma leggeva un libro e poi guardava il mare
lungamente la miss dall’alto suo terrazzo).
Ma quando poi mancasti il cielo o il mare
Erano falsi a mezzogiorno, e seppi
Che mia prigione era la libertà." 
Sandro Penna


"Quanto mais me sentia a você ligado 
A Natureza adorava
Como de uma prisão 
(Calma lia um livro e depois olhava o mar 
longamente a miss do alto seu terraço )
Mas quando você depois faltou o céu ou o mar
Eram falsos ao meio dia, e soube 
que minha prisão era a liberdade" 
Sandro Penna




Wednesday, October 22, 2014

censura

Sono caduta dietro la mia censura
Sono inciampata dentro il mio silenzio
dove il respiro e' grido
dove il ricordo e' casa
e se quella parola ancora attende
sull'uscio il giorno,
il suo contrario la riporta dentro con fierezza,

dentro la mia censura





Thursday, September 5, 2013

                             fra gile fr agile f ragile fragil e f rag il e forte


Tuesday, July 2, 2013

mentre il nastro gira


Mentre il nastro gira, 
se mi sento triste o sola Rilke docet : 

Lettera del 12 agosto 1904 

Voglio tornare a parlarvi ancora un tratto, caro signor Kappus, se anche non posso dirvi 
quasi nulla che rechi qualche aiuto. 
Voi avete avuto molte e grandi tristezze che se ne sono andate. E dite che anche quel loro 
andarsene fu per voi difficile e irritante. 
Ma vi prego, riflettete se quelle grandi tristezze non siano piuttosto passate attraverso di voi.
Se molto in voi non si sia trasformato, se in qualche parte, in qualche punto del vostro 
essere non vi siate mutato, mentre eravate triste. 
Pericolose e maligne sono quelle tristezze soltanto, che si portano tra la gente, per 
soverchiarle col rumore; come malattie, che vengano trattate superficialmente e in maniera 
sconsiderata, fanno solo un passo indietro e dopo una breve pausa erompono tanto più 
paurosamente; e si raccolgono nell’intimo e sono vita, sono vita non vissuta, avvilita, perduta, 
di cui si può morire. 
Se ci fosse dato di veder più oltre di quel che non giunga il nostro sapere, e un poco più in 
là dei bastioni del nostro presentimento, forse allora sopporteremmo noi le nostre tristezze con 
maggior fiducia che non le nostre gioie. 
Perché sono esse i momenti in cui qualcosa di nuovo è entrato in noi, qualcosa di sconosciuto.
I nostri sentimenti ammutoliscono in semplice timidezza, tutto in noi indietreggia, sorge una 
calma, e il nuovo, che nessuno conosce, vi sta nel mezzo e tace.
lo credo che quasi tutte le nostre tristezze siano momenti di tensione, che noi sentiamo 
come paralisi, perché non udiamo più vivere i nostri sentimenti sorpresi. Perché noi siamo soli
con la cosa straniera che è entrata in noi; perché quanto ci era confidente e abituale per un 
momento ci è tolto; perché noi siamo in un passaggio dove non possiamo fermarci. 
Perciò anche poi passa la tristezza: il nuovo in noi, il sopravvenuto, è entrato nel nostro 
cuore, è penetrato nella sua camera più interna e anche là non è più, è già nel sangue. 
E noi non capiamo cosa sia stato. Ci si potrebbe facilmente persuadere che nulla sia 
accaduto, e pure noi ci siamo trasformati, come si trasforma una casa, in cui sia entrato un 
ospite. Noi non possiamo dire chi sia entrato, forse non lo sapremo mai, ma molti indizi 
suggeriscono che il futuro entra in noi in questa maniera per trasformarsi in noi, molto prima 
che accada.
E perciò è tanto importante essere soli e attenti, quando si è tristi: perché il momento, 
vuoto in apparenza e fisso, in cui il futuro entra in noi, è tanto più vicino alla vita, di quell’altro 
sonoro e casuale istante in cui esso, come dal di fuori, ci accade. 
Quanto più calmi, pazienti e aperti noi siamo nella tristezza, tanto più profondo e infallibile 
entra in noi il nuovo. Tanto meglio noi ce lo conquistiamo, tanto più sarà esso nostro destino, e 
noi ci sentiremo, se un giorno più tardi accadrà (cioè da noi uscirà verso gli altri) affini e 
prossimi ad esso, nel più intimo di noi stessi. 
E questo è necessario. 
È necessario - e su questo cammino si svolgerà successivamente il nostro sviluppo - che 
nulla ci accada di estraneo, ma solo quanto da lungo tempo ormai ci appartiene. Si imparerà a 
poco a poco a riconoscere che quello che noi chiamiamo destino esce dagli uomini, non entra 
in essi dal di fuori. 
Solo perché tanti non assorbirono e trasformarono in se stessi i loro destini - finché 
vivevano in loro - non riuscirono a riconoscere che cosa usciva da essi. 
Era a loro così estraneo, quel destino, che essi credettero, nel loro terrore smarrito, che 
dovesse appunto da un momento all’altro essere entrato in loro. E giuravano di non avere 
ritrovato mai in sé prima cosa simile. 
Come a lungo ci si è ingannati sul movimento del sole, così ci si inganna ancora sempre sul 
movimento dell’avvenire. 
Il futuro sta fermo, caro signor Kappus, ma noi ci muoviamo nello spazio infinito. 
Come dovremmo non sentirne fatica?
E se torniamo a parlare della solitudine si chiarisce sempre più che non è cosa che sia dato 
di scegliere o lasciare. 
Noi siamo soli. 
Ci si può ingannare su questo e fare come se non fosse così. 
Ma quanto meglio invece sarebbe comprendere che noi lo siamo, soli, e anzi partire da lì. 
E allora accadrà che saremo presi dalle vertigini; perché tutti i punti su cui il nostro occhio 
usava riposare ci vengono tolti, non v’è più nulla di vicino, e ogni cosa lontana è infinitamente 
lontana. 
Chi dalla sua stanza, quasi senza preparazione e trapasso, venisse posto sulla cima di una 
grande montagna, dovrebbe provare un senso simile: una incertezza senza uguali, un 
abbandono all’ignoto quasi l’annienterebbe. 
Egli vaneggerebbe di cadere o si crederebbe scagliato nello spazio o schiantato in mille 
frantumi. Quale enorme menzogna dovrebbe inventare il suo cervello per recuperare e chiarire 
lo stato dei suoi sensi. 
Così si mutano per colui che diviene solitario tutte le distanze, tutte le misure; di queste 
mutazioni molte sorgono d’improvviso e, come in quell’uomo sulla cima della montagna, 
nascono allora straordinarie immaginazioni e strani sensi, che sembrano crescere sopra ogni 
capacità di sopportazione. 
Ma è necessario che noi consumiamo anche questa esperienza. 
Noi dobbiamo accogliere la nostra esistenza quanto più ampiamente ci riesca; tutto, anche 
l’inaudito deve essere ivi possibile. 
È questo in fondo il solo coraggio che a noi si richieda: il coraggio di fronte all’esperienza più 
strana, più prodigiosa e inesplicabile, che ci possa incontrare. 
Che gli uomini fossero in questo senso vili, ha recato un danno infinito alla vita. 
Le esperienze che si chiamano “apparizioni”, tutto il così detto “mondo degli spiriti”, la 
morte, tutte queste cose a noi così affini, sono state tanto cacciate dalla vita, per difesa 
quotidiana, che i sensi (spirituali) con cui le potremmo afferrare si sono rattrappiti. 
Non parliamo poi di Dio. 
L’angoscia davanti all’inesplicabile ha impoverito non solo l’esistenza del singolo, ma anche 
le relazioni da uomo a uomo ne sono state ristrette, come trasportate da un alveo d’infinite 
possibilità su un argine incolto, in cui non accade nulla. 
Perché non si deve solo alla pigrizia se le relazioni umane si ripetono così indicibilmente 
monotone e senza novità da caso a caso, ma lo si deve alla paura di un’esperienza nuova 
imprevedibile, per cui non ci si crede maturi. 
Ma solo chi è disposto a tutto, chi non esclude nulla, neanche la cosa più enigmatica, vivrà 
la relazione con un’altra persona come qualcosa di vivente, e attingerà sino al fondo la sua 
propria esistenza. 
Perché la maggioranza delle persone impara a conoscere soltanto un angolo del proprio 
spazio, un posto alla finestra, una striscia, su cui andare su e giù. 
Solo così essi hanno una certa sicurezza. 
E pure è quella incertezza piena di pericoli tanto più umana, che spinge i prigionieri nelle 
storie di Poe a palpare le forme del loro pauroso carcere e a non estraniarsi agli indicibili terrori 
del loro soggiorno. 
Ma noi non siamo prigionieri. Non reti e trappole sono tese intorno a noi, e non v’è nulla che 
ci debba angosciare o tormentare. 
Noi siamo posti nella vita come nell’elemento più conforme a noi, e inoltre per adattamento 
millenario ci siamo tanto assimilati a questa vita che, se ci teniamo immobili, per un felice 
mimetismo ci si può appena distinguere da tutto quanto ci attornia. 
Noi non abbiamo alcuna ragione di diffidare del nostro mondo, perché non è esso contro di 
noi. E se esso ha terrori, sono nostri terrori, se ha abissi, appartengono a noi questi abissi, se 
vi sono pericoli, dobbiamo tentare di amarli. 
E se solo indirizziamo la nostra vita secondo quel principio, che ci consiglia di attenerci 
sempre al difficile, quello che ora ci appare ancora la cosa più estranea, ci diventerà la più fida 
e fedele.
Come possiamo dimenticarci di quegli antichi miti che stanno alle origini di tutti i popoli? 
I miti dei draghi, che si tramutano nel momento supremo in principesse; sono forse tutti i 
draghi della nostra vita principesse, che attendono solo di vederci un giorno belli e coraggiosi. 
Forse ogni terrore è nel fondo ultimo l’inermità che vuole aiuto da noi. 
Così non dovete caro signor Kappus, sgomentarvi se una tristezza si leva davanti a voi, 
grande come ancora non ne avete viste; se un’inquietudine, come luce e ombra di nuvole, 
scorre sulle vostre mani e su quanto voi fate. 
Dovete pensare che qualcosa sta accadendo in voi, che la Vita non vi ha dimenticato, che vi 
tiene nella sua mano; non vi lascerà cadere. 
Perché volete voi escludere alcuna inquietudine, alcuna sofferenza, alcuna amarezza dalla 
vostra vita, poiché non sapete ancora che cosa tali stati stiano facendo nascere in voi? 
Perche mi volete voi perseguitare con la domanda di dove possa venire tutto questo e dove 
voglia finire? Quando in verità sapete che siete in un passaggio e nulla avete tanto desiderato 
quanto trasformarvi. 
Se qualcosa dei vostri processi ha l’aspetto d’una malattia, riflettete che la malattia è il 
mezzo con cui l’organismo si libera dell’estraneo: allora bisogna solo aiutarlo a essere malato, 
con tutta la sua malattia che scoppia, poiché questo è il suo progresso. 
In voi, caro signor Kappus, accadono ora tante cose: dovete essere paziente come un 
malato e guardingo come un convalescente, perché voi siete l’uno e l’altro. E più ancora: voi 
siete anche il medico, che deve vigilare su sé stesso. 
Ma in ogni malattia ci sono molti giorni in cui il medico non può fare altro che attendere. E 
questo è quello che voi, in quanto siete voi il vostro medico, ora anzitutto dovete fare. 
Non vi osservate troppo. Non ricavate conclusioni troppo rapide da quello che vi accade: 
lasciate che semplicemente vi accada. 
Altrimenti troppo facilmente arriverete a guardare con risentimento (cioè: moralmente) il 
vostro passato, che naturalmente è compartecipe a tutto quello che ora vi accade. 
Ciò che in voi opera ancora degli errori, desideri e brame della vostra fanciullezza, non è 
però quello che ricordate e giudicate. 
Le straordinarie condizioni di un’infanzia solitaria e inerme sono così difficili, così complicate, 
abbandonate a tante influenze e nello stesso tempo così sciolte da tutte le reali connessioni 
della vita, che dove un vizio entra in essa, non lo si può senz’altro chiamare vizio. 
Si deve in generale esser prudenti coi nomi, perché è spesso il nome di un delitto su cui la 
vita s’infrange, non l’azione stessa senza nome e personale, che forse era una necessità 
assolutamente determinata di quella vita e senza fatica potrebbe venirne assunta. 
E lo spreco di forza solo per questo vi appare così grande, perché stimate troppo la vittoria. 
Non è essa la cosa “grande” che voi credete di avere compiuta, se anche il vostro sentimento 
ha ragione. “Grande” è che già qualcosa esisteva, che poteste mettere nel luogo di 
quell’inganno, qualcosa di vero e di reale. 
Senza di questo anche la vostra vittoria sarebbe stata soltanto una reazione morale, senza 
vasto significato, così invece è divenuta una fase della vostra vita. Della vostra vita, caro 
signor Kappus, a cui io penso con tanti voti. 
Vi ricordate come questa vita bramava di uscire dall’infanzia incontro ai “grandi”? 
Io vedo come ora dai grandi tendete oltre, verso più grandi ancora. 
Per questo risulta difficile, ma per questo anche non finirà di crescere. 
E se vi debbo dire ancora una cosa è questa: non crediate che colui che tenta di confortarvi, 
viva senza fatica in mezzo alle parole semplici e calme, che qualche volta vi fanno bene. La sua 
vita reca molta fatica e tristezza e resta lontana ancora da quella meta. Ma se fosse altrimenti 
egli non avrebbe potuto trovare quelle parole. 
Il vostro 
RAINER MARIA RILKE 


Sunday, June 23, 2013

relativity

sei nao sei
sei= no sei
se + i
6
nao= no
sei
だった
se

i


Thursday, June 20, 2013

comma infinite

meanwhile
only I feel
nothing but
the air conditioning, my
hearts beat inside me, mine and mine yeah and
a cold breath lands
right where saturn is making his way out of the 12 house
around the bend

comma infinite

Thursday, June 6, 2013

MAY BE


MAYBE
MAY BE
BE

TO BE
OR NOT
TO BE
MAY BE
NOT TO BE

MAYBE
MAY
BE

05 B

Monday, June 3, 2013

 sssssono tornata.

Penso a questa primavera che ho ridato indietro in cambio di un altro autunno, penso al sole di Roma che si affaccia reticente alle giornate senza calze ai pranzi al mare al giubbotto di renna  alle serate che si allungano e penso che il mio anno invece non ha piu stagioni a volte vivo un doppio autunno un doppo inverno o passo dall' autunno all'estate tropicale oppure dall' inverno direttamente all'estate. Salto stagioni e mi sento a volte all'improvviso la testa calda come se il mio corpo si aspettasse un'altra temperatura .....ma io ho sempre vissuto fuori, forse mai in opposti emisferi. che vuol dire? un lieve sbandamento una nostalgia che non e' esattamente nostalgica, un rabbia che non si arrabbia, una tristezza che non ha di che essere triste e chi l'ha detto che bisogna vivere le stagioni nell'ordine autunno inverno primavera estate chi l'ha detto che bisogna scrivere con le virgole.

Tuesday, August 7, 2012




VIEW WITH A ROOM

VISTA CON CAMERA

VISTA COM QUARTO

Monday, July 9, 2012

Tuesday, June 26, 2012


Ingenua, fino a un certo punto.

Tuesday, May 29, 2012

Cronaca di un vuoto (2)




(a Chiara)

Fonte-Chiara
Di la dell'acqua che non abbruma la memoria!

ripercorro sui sentieri d'autunno
Miracoli di grazia.
sei cresciuta in stagioni trasparenti
E nemmeno il vento di vita,
Impetuoso, le appanna,
O sempre cara o dolceradiosa.

Cosi' lontana cosi' vicina
Cosi' puramente compiuta,
Sollevi la mia tela d'amore,
In cieli senza macchia:
Dono alto e' il ricordo,
E ogni pena si disacerba.

Ti voglio bene nipote d' oltremare;
E forte forte ti abbraccio
Ora che hai rinverdito
Col tuo memore affetto,
Pur tra fatiche di gloria,
Gli inquieti grigiori d'autunno.

Il nonno

Tuesday, May 15, 2012

cronaca di un vuoto (parte 1)





   



     




                       


                             

Sunday, May 13, 2012

avanti, sempre, solamente avanti

Friday, April 20, 2012

E'una questione di attimi...il sole squarcia le nuvole che all'improvviso illuminano il cielo

Friday, April 13, 2012

non aspettarsi nulla



Se ora suono le tue finestre e non i tasti del mio pianoforte
e' solo perché':

1) La notte mi ha regalato un'alba senza avvisarmi
2) Non ho un pianoforte

e non mi aspetto nient'altro che le note che sento

Thursday, April 12, 2012







La vita – è il solo modo
per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;
essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;
distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;
stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.
Un'occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;
e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l'erba;
e seguire con gli occhi una scintilla di vento;
e persistere nel non sapere
qualcosa d'importante.

Wysława Szymborska

Tuesday, April 10, 2012

CONTATTARE L'OMBRA





Laurus nobilis

Saturday, April 7, 2012

Thursday, April 5, 2012

Io ci sono, tu lo sai

Ma a me bruciano gli occhi

Io ci sono, tu lo sai

fino a non esserci più

Wednesday, April 4, 2012

Tic toc tic toc tic toc tic toc

Saturday, March 31, 2012

PROTEZIONE



ecco
e' il proteggersi
da due orizzonti che si vogliono sempre incontrare

Wednesday, March 28, 2012




No me escribas mas (PABLO MILANES)

No me escribas más sin avisar,
no me escribas más de cosas que no vuelven,
no me escribas más para decir que me abandonó,
no me escribas más, si después no vuelves,
no me escribas más, si después no vuelves.

No me digas más lo que pasó,
no me digas más que me enseñaste un río,
no me digas más que me suenan los dientes,
no me digas más que ya tengo frío,
no me digas más que ya tengo frío.

No te quiero ver sin corazón,
no te quiero ver como una cosa más,
no te quiero ver de nuevo brevemente,
no te quiero ver y después llorar,
no te quiero ver y después llorar.

No aparezcas más lejos de mí,
no aparezcas más, que tu sombra de palma,
no aparezcas más, que siempre me derrumbas,
no aparezcas más, tengo con tu fantasma,
no aparezcas más, tengo con tu fantasma.

Déjame cantar, como cante,
déjame cantar, dame un poco de tiempo,
déjame cantar fuera de tus fronteras,
déjame cantar a los cuatro vientos,
déjame cantar como si no te viera.



OJALA' (SILVIO RODRIGUEZ)

Ojalá que las hojas no te toquen el cuerpo cuando caigan
para que no las puedas convertir en cristal.
Ojalá que la lluvia deje de ser milagro que baja por tu cuerpo.
Ojalá que la luna pueda salir sin ti.
Ojalá que la tierra no te bese los pasos.

Ojalá se te acabe la mirada constante,
la palabra precisa, la sonrisa perfecta.
Ojalá pase algo que te borre de pronto:
una luz cegadora, un disparo de nieve,
ojalá por lo menos que me lleve la muerte,
para no verte tanto, para no verte siempre
en todos los segundos, en todas las visiones:
ojalá que no pueda tocarte ni en canciones.

Ojalá que la aurora no dé gritos que caigan en mi espalda.
Ojalá que tu nombre se le olvide a esa voz.
Ojalá las paredes no retengan tu ruido de camino cansado.
Ojalá que el deseo se vaya tras de ti,
a tu viejo gobierno de difuntos y flores.

Monday, March 26, 2012




Stanchezza

Quello che c'è in me è soprattutto stanchezza
non di questo o di quello
e neppure di tutto o di niente:
stanchezza semplicemente, in sé,
stanchezza.
La sottigliezza delle sensazioni inutili,
le violente passioni per nulla,
gli amori intensi per ciò che si suppone in qualcuno,
tutte queste cose -
queste e cio' che manca in esse eternamente -
tutto ciò produce stanchezza,
questa stanchezza,
stanchezza.
C'è senza dubbio chi ama l'infinito,
c'è senza dubbio chi desidera l'impossibile,
c'è senza dubbio chi non vuole niente -
tre tipi di idealisti, e io nessuno di questi:
perchè io amo infinitamente il finito,
perchè io desidero impossibilmente il possibile,
perchè voglio tutto, o ancora di più, se può essere,
o anche se non può essere...
E il risultato?
Per loro la vita vissuta o sognata,
per loro il sogno sognato o vissuto,
per loro la media fra tutto e niente, cioè la vita...
Per me solo una grande, una profonda,
e, ah, con quale felicità, infeconda stanchezza,
una supremissima stanchezza,
issima, issima, issima,
stanchezza...

O que há em mim é sobretudo cansaço

O que há em mim é sobretudo cansaço
Não disto nem daquilo,
Nem sequer de tudo ou de nada:
Cansaço assim mesmo, ele mesmo,
Cansaço.

A subtileza das sensações inúteis,
As paixões violentas por coisa nenhuma,
Os amores intensos por o suposto alguém.
Essas coisas todas -
Essas e o que faz falta nelas eternamente -;
Tudo isso faz um cansaço,
Este cansaço,
Cansaço.

Há sem dúvida quem ame o infinito,
Há sem dúvida quem deseje o impossível,
Há sem dúvida quem não queira nada -
Três tipos de idealistas, e eu nenhum deles:
Porque eu amo infinitamente o finito,
Porque eu desejo impossivelmente o possível,
Porque eu quero tudo, ou um pouco mais, se puder ser,
Ou até se não puder ser...

E o resultado?
Para eles a vida vivida ou sonhada,
Para eles o sonho sonhado ou vivido,
Para eles a média entre tudo e nada, isto é, isto...
Para mim só um grande, um profundo,
E, ah com que felicidade infecundo, cansaço,
Um supremíssimo cansaço.
Íssimo, íssimo. íssimo,
Cansaço...

Da: Fernando Pessoa, Poesie di Álvaro de Campos
TRADUZIONE DI ANTONIO TABUCCHI, CHE SE N'E' ANDATO IERI.
TRADUÇAO DE ANTONIO TABUCCHI, QUE FALHECEU ONTEM.

Wednesday, February 1, 2012


amo te
che ancora mi insegni ogni giorno qualcosa
senza che io ti chieda niente
amo te
che mi cedi allo spazio per pensarti
e alla notte per sognarti
amo te
che nell'assenza mi resti fedele
ed ogni giorno mi aggiusti il ricordo
come un vestito cucito
sulle mie curve, sulle mie spalle solide,
sui miei perimetri alterati dalle asimmetrie
del nostro vissuto intermittente
amo te
che fai e disfai la tua rigida realtà
costruisci e demolisci pareti nel tuo animo inquieto
volendo ristrutturare
cio' che non hai mai avuto
amo te
e amo il terrore di amarti in un mondo fragile e imperfetto
dove tutto ci inganna e ci separa
amo te
e amo il rinunciare ad averti
per non essere incenerita
da parole gelide e senza coraggio.

il cielo e' lo stesso



se piove fuori
o piove dentro
il cielo e' lo stesso e piove comunque
si avvicinano cose importanti
mentre si allontana una delle cose più belle

Ed io che ferma in un punto non so stare
e che fin ora mi sono mossa per essere ferma dentro
so che presto si avvicinerà una delle cose più belle
e si allontaneranno cose importanti

siamo macchine che producono la realta'

Saturday, January 28, 2012

Friday, January 27, 2012

Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA erA Era eRa erA erA Era eRa
Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa erA Era eRa

Wednesday, January 18, 2012

con te

con te
ho potuto sentire freddo quando fa caldo
e caldo quando fa freddo

con te
ho imparato a non imparare più

con te
ci vedremo più' in la' :
quando potrai sentire caldo al caldo, freddo al freddo
e mangerai per fame

con te
per adesso e' senza di te

Wednesday, January 11, 2012



“Una vecchia leggenda indù racconta che vi fu un tempo in cui tutti gli uomini erano Dei. Essi però abusarono talmente della loro divinità, che Brahma - signore degli dei - decise di privarli del potere divino e di nasconderlo in un posto dove fosse impossibile trovarlo. Il grande problema fu quello di trovare un nascondiglio. Quando gli dei minori furono riuniti a consiglio per risolvere questo dilemma, essi proposero la cosa seguente: "seppelliamo la divinità dell'uomo nella Terra". Brahma tuttavia rispose: "No, non basta. Perché l'uomo scaverà e la ritroverà". Gli dei, allora, replicarono: "In tal caso, gettiamo la divinità nel più profondo degli Oceani". E di nuovo Brahma rispose: "No, perché prima o poi l'uomo esplorerà le cavità di tutti gli Oceani, e sicuramente un giorno la ritroverà e la riporterà in superficie". Gli dei minori conclusero allora: "Non sappiamo dove nasconderla, perché non sembra esistere - sulla terra o in mare – luogo alcuno che l'uomo non possa una volta raggiungere". E fu così che Brahma disse: "Ecco ciò che faremo della divinità dell'uomo: la nasconderemo nel suo io più profondo e segreto, perché è il solo posto dove non gli verrà mai in mente di cercarla".
A partire da quel tempo, conclude la leggenda, l'uomo ha compiuto il periplo della terra, ha esplorato, scalato montagne,scavato la terra e si è immerso nei mari alla ricerca di qualcosa che si trova dentro di lui.”


"Conta uma velha lenda hindu que outrora todos os homens eram deuses, mas abusaram de tal modo da sua natureza divina que Brama, o Senhor dos deuses, decidiu retirar-lhes esse poder divino e escondê-lo em lugar onde lhes fosse impossível encontrá-lo. O problema, contudo, era encontrar esse esconderijo.
Brama convocou, pois, todos os deuses menores a fim de resolver este problema, e a sugestão que eles lhe deram foi enterrar a divindade do homem bem no fundo da terra. Mas Brama respondeu-lhes que isso não seria suficiente pois o homem escavaria a terra e acabaria por reencontrar a sua natureza divina.
Então os deuses sugeriram que se atirasse para o fundo do mar a natureza divina do homem. E de novo Brama lhes respondeu que, mais tarde ou mais cedo, o homem exploraria as profundezas do mar e a recuperaria.
Os deuses menores já não sabiam que outros lugares poderiam existir, quer na terra quer no mar, onde o homem não conseguisse chegar um dia.
Então Brama disse: "Vamos fazer o seguinte com a natureza divina do homem: vamos encondê-la bem no fundo de si mesmo, pois será esse o único lugar onde o homem nunca a irá procurar."
E desde esse dia, segundo conta a lenda, o homem tem percorrido e explorado o mundo, subido às montanhas mais altas e descido às grandes profundezas da terra e do mar, sempre à procura do que está dentro de si próprio".

Tuesday, December 27, 2011

ETERNAL SUNSHINE OF THE SPOTLESS MIND



"Yet here for ever, ever must I stay;
Sad proof how well a lover can obey!
Death, only death, can break the lasting chain;
And here, ev'n then, shall my cold dust remain,
Here all its frailties, all its flames resign,
And wait till 'tis no sin to mix with thine.

Ah wretch! believ'd the spouse of God in vain,
Confess'd within the slave of love and man.
Assist me, Heav'n! but whence arose that pray'r?
Sprung it from piety, or from despair?
Ev'n here, where frozen chastity retires,
Love finds an altar for forbidden fires.
I ought to grieve, but cannot what I ought;
I mourn the lover, not lament the fault;
I view my crime, but kindle at the view,
Repent old pleasures, and solicit new;
Now turn'd to Heav'n, I weep my past offence,
Now think of thee, and curse my innocence.
Of all affliction taught a lover yet,
'Tis sure the hardest science to forget!
How shall I lose the sin, yet keep the sense,
And love th' offender, yet detest th' offence?
How the dear object from the crime remove,
Or how distinguish penitence from love?
Unequal task! a passion to resign,
For hearts so touch'd, so pierc'd, so lost as mine.
Ere such a soul regains its peaceful state,
How often must it love, how often hate!
How often hope, despair, resent, regret,
Conceal, disdain — do all things but forget.
But let Heav'n seize it, all at once 'tis fir'd;
Not touch'd, but rapt; not waken'd, but inspir'd!
Oh come! oh teach me nature to subdue,
Renounce my love, my life, myself — and you.
Fill my fond heart with God alone, for he
Alone can rival, can succeed to thee.

How happy is the blameless vestal's lot!
The world forgetting, by the world forgot.
Eternal sunshine of the spotless mind!
Each pray'r accepted, and each wish resigned..."


Taken from: ALEXANDER POPE, Eloisa to Abelard

Friday, March 11, 2011

LIVE DATES!

MARCH 5
PORTO SANT’ELPIDIO, TEATRO DELLE API, 9 PM

MARCH 31
LONGIANO,TEATRO PETRELLA 9 PM

MAY 2
FIRENZE, TATRO PUCCINI 9 PM

http://www.bitconcerti.it/cgi-bin/fi_pub_det_cal.cgi?id=656

Wednesday, February 23, 2011



Piove
le gocce da qui sembrano molto piu grandi
mi domando una cosa per goccia
procuro le risposte tra una goccia e l'altra
ma non riesco ad affernarne il contenuto
ci sono troppe gocce
o forse ho troppe domande io
e dovrei solo ascoltare l'acqua

Sunday, October 17, 2010

LIVE DATES ITALIAN TOUR

13/11 Roma - Auditorium Parco della Musica - Sala Sinopoli h 21.00
www.listicket.it
www.auditorium.com

20/11 Cagliari - Auditorium Conservatorio - h 21.00
Rassegna: www.jazzinsardegna.it

25/11 Seriate - Teatro Gavazzeni

26/11 - 27/11 - Milano Blue Note
Per i biglietti:
www.bluenotemilano.com

2/12 Rezzato Teatro CTM

3/12 Torino - Folk Club - 21.30
www.folkclub.it

4/12 Bari - Teatro Forma
www.teatroforma.org
www.bookingshow.com

Saturday, September 18, 2010

mi piace capire dove gli altri si sentono belli
negli occhi?
nelle labbra?
nella fronte lievemente corruciata?
nelle parole?

la verita' e' che gli altri sono belli dove non sentono di esserlo
ed e' li che abita l'amore
ma se gli altri lo sapessero
saprebbero troppo
per farmi innamorare

Thursday, July 22, 2010

punto

cerco una casa nella poesia degli altri
e la ragione del mio malessere pomeridiano
in questa giornata rauca
tra i pastelli di un dubbio
nei singhiozzi della mia chitarra
nelle parole che non arrivano a schiarirmi
nella scelta dei momenti
nella scelta dei problemi
semplicemente esistono giorni piu lenti
giorni piu bui
esistono giorni
punto.
e notti

Saturday, June 12, 2010

comunicar....e

comunicare amore e premura solo quando se ne sente la mancanza e' un tornare alla superfice, riempendo un vuoto.
comunicare amore ha un grande effetto sull'altro.
nel primo caso l'amore e' un servizio
nel secondo caso una fonte

comunicar amor e premura pro otro so quando se sente a falta e' voltar a superficie, enchendo um vazio.
comunicar amor tem un grande efeito no outro
no primero caso o amor e' um servicio
no segundo, uma fonte

Saturday, May 29, 2010

desiderio

A volte e' solo una parola
a volte neanche quella

Monday, April 19, 2010



tenho saudade
saudade de quando conhecia menos palavras e nao me preocupava com acentos
saudade das cartas recebidas
saudade de mim

I miss
knowing less words and not worrying about accents
I miss the letters I received
I miss myself